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15/4/2018

Dichiarazione della Conferenza Internazionale

Conferencia Internacional

Buenos Aires, 2-3 aprile 2018



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Le organizzazioni operaie, socialiste e rivoluzionarie riunite nella Conferenza internazionale convocata dal Partito Operaio dell’Argentina, dal Partito dei Lavoratori dell’Uruguay, dall’EKK della Grecia e dal DIP della Turchia, che si è svolta nella città di Buenos Aires nei giorni 2 e 3 di aprile, hanno rilasciato la seguente dichiarazione, di fronte allo scenario di crisi economiche e politiche, guerre e ribellioni popolari estese su scala mondiale.


La crescita di guerre e di fenomeni internazionali come Trump o la Brexit, mostrano che la crisi mondiale non può essere risolta con mezzi puramente economici. Si rafforzano le tendenze alla rivalità internazionale, la guerra fiscale e commerciale, rompendo gli equilibri interni alle nazioni e alterando le congiunture episodiche tra le classi. La restaurazione capitalista, a sua volta, non può essere risolta come un processo pacifico. Stiamo assistendo a una delle transizioni storiche più contraddittorie e violente della storia.


Guerra e restaurazione capitalistica


Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, l’umanità è entrata in un nuovo ciclo di guerre imperialiste, guidate fondamentalmente dall’imperialismo USA.


Le guerre esplose in Medio Oriente e Nord Africa, negli spazi ex jugoslavi e sovietici, in Afghanistan e in Africa a partire dagli anni ’90, sono l’espressione delle tendenze fondamentali del periodo della restaurazione capitalista, della nuova grande depressione iniziata dal 2007-2008 e la conseguente guerra economica che si è determinata.

Le cosiddette guerre “locali” o  per “procura”,  cioè con l’armamento di agenti “indigeni”, hanno un comune denominatore internazionale,  cioè fanno parte del tentativo di affrontare la crisi attraverso una ricolonizzazione del pianeta, specialmente nello spazio degli ex “stati socialisti”. Il ciclo delle guerre imperialiste entra, in un certo modo, in un nuovo stadio; nel Mar del Sud della Cina, in Corea del Nord, nell’Ucraina (regione del Donbass) emergono conflitti diretti con la Russia e la Cina.


L’aumento delle tensioni e degli antagonismi tra le classi dirigenti e i governi in Grecia e in Turchia è pienamente sfruttato dagli imperialisti degli Stati Uniti e dell’Unione europea e minaccia di estendere la guerra imperialista nella regione dell’Egeo e dei Balcani. Chiediamo ai lavoratori e agli oppressi in Grecia, in Turchia e a Cipro di unirsi e di combattere contro il nemico comune: l’imperialismo e il capitalismo. Guerra alle guerre imperialiste e capitaliste. Per l’unificazione della lotta di tutti i popoli in una Federazione socialista.


La crisi capitalista


Queste guerre imperialiste sono strettamente legate alla crisi capitalista, iniziata nei primi anni ’70 e che ha assunto una dimensione colossale con la bancarotta del 2007/8. La bancarotta capitalista non è che l’espressione esplosiva di un lungo periodo di esaurimento dello sviluppo delle forze produttive e il declino storico del modo di produzione del capitale. Un quarto di secolo dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica e il processo di restaurazione in Cina, diventa chiaro che l’impasse storica del capitalismo non ha alcuna via d’uscita attraverso i mezzi economici e politici. L’integrazione delle ex economie nazionalizzate nell’economia capitalista mondiale non può procedere con mezzi “pacifici”.


Si fa strada prepotentemente la prospettiva di una dissoluzione dell’UE, non solo per la debacle della Grecia, ma anche con la Brexit e l’ascesa delle forze di destra, specialmente in Germania e in Italia, con la bandiera demagogica del “recupero delle sovranità nazionali” ‘. Un esempio delle forze centrifughe della crisi dell’UE è evidente nello stato spagnolo, la lotta di milioni di pensionati nelle strade contro lo svuotamento del sistema pensionistico statale si sviluppa in tutto lo stato e mostra la centralità della classe lavoratrice in difesa delle sue conquiste. In questo quadro difendiamo il diritto all’autodeterminazione dei popoli dello stato spagnolo compresa la loro indipendenza e lottiamo per una federazione socialista dei popoli iberici.


La minaccia della dissoluzione nazionale, in Russia, spinge alla creazione di un governo del KGB, guidato da Putin, e fa emergere regimi autoritari e bonapartisti, di natura restaurazionista in quasi tutti gli stati dell’ex “blocco socialista” e in Cina. L’esplosione finanziaria in Cina, nel 2014 e la crescita di una minaccia di bancarotta diffusa, spiega la richiesta di poteri eccezionali da parte della cricca Xi Jingping.


La bancarotta capitalista ha prodotto un ripiegamento sullo nazionale, inteso come uno strumento di guerre commerciali, fiscali e finanziarie – e, alla fine, la guerra stessa. La bancarotta ha ricordato agli Stati imperialisti che il loro primo obbligo è quello di salvare i capitali dei loro paesi dalla bancarotta. Ciò si manifesta soprattutto negli Stati Uniti e in una rottura delle relazioni internazionali che nel loro complesso esasperano le contraddizioni dell’imperialismo. Trump ha raccolto la sfida di questa crisi con lo slogan “America First”, ovvero la guerra sul piano internazionale e nazionale. L’ascesa di Trump determina una crisi del regime politico americano e combina le guerre imperialiste con l’annientamento dei diritti democratici negli Stati Uniti.


La depressione economica che si è verificata dopo la crisi finanziaria del 2007-2008, da un lato, è stata il terreno fertile per i fascisti parassiti, così come, dall’altro lato, delle svolte brusche delle masse a sinistra e di ribellioni popolari. Questa depressione non è altro che l’espressione concreta del declino storico del modo di produzione capitalistico. La socializzazione e l’internazionalizzazione delle forze produttive richiedono, sempre più, che l’economia mondiale venga pianificata sulla base della proprietà pubblica, sotto la direzione della classe operaia. Contro ogni manifestazione della violenza fascista chiamiamo al fronte unico della classe lavoratrice in difesa delle organizzazioni operaie. Denunciamo il patrocinio e la complicità delle istituzioni e dei governi delle democrazie capitaliste nello sviluppo di movimenti fascisti e rivendichiamo la difesa dei lavoratori contro la borghesia che è il metodo per sconfiggere gli attacchi fascisti e condurre questa lotta alla vittoria.


La conferenza adotta la decisione di organizzare una campagna politica contro la xenofobia e il fascismo organizzati, contro tutte le forme di discriminazione e oppressione e chiama la classe operaia alla mobilitazione contro questa barbarie.


Cina e Russia


La “via della seta” e la fondazione di banche internazionali rappresentano un tentativo da parte della Cina di evitare le conseguenze della crisi capitalista mondiale. In nessun modo costituiscono un’uscita dalla crisi. Costituiscono, a lungo termine, un onere fiscale per lo stato, data l’assenza di una borghesia nazionale. Una gran quantità degli investimenti in questo piano è già entrata in una paralisi. Né in Russia, né in Cina si è formato un capitale imperialista, e la possibilità di un imperialismo ad esclusiva base statale è un’ipotesi priva di consistenza. Questi regimi di transizione al capitalismo devono far fronte, da un lato alla colonizzazione imperialista (e alle guerre) e dall’altro lato alla rivoluzione proletaria. Nell’ipotesi di una guerra imperialista contro la Russia e / o la Cina, per portare a termine la restaurazione capitalista di tipo coloniale, i socialisti rivoluzionari si batteranno  per la sconfitta completa dell’imperialismo e per cogliere l’occasione della  lotta per rilanciare  i Soviet, come la forma del potere politico indipendente della classe lavoratrice; espropriare l’oligarchia e la burocrazia e sviluppare una rivoluzione socialista, sostenendo l’autodeterminazione dei popoli, in vista della ricostruzione della Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche sul fondamento dell’origine rivoluzionaria e internazionalista della Rivoluzione d’Ottobre.


In Ucraina difendiamo la resistenza contro la colonizzazione imperialista della NATO e del FMI; sosteniamo la resistenza del Donbass e l’espropriazione dell’oligarchia della regione protetta dal regime di Putin; per un’Ucraina indipendente e socialista.


Medio Oriente


Nel suo sforzo di circondare e isolare la Russia e la Cina, l’imperialismo, insieme al suo alleato sionista, ha tenuto viva la fiamma della guerra nel Medio Oriente e nella regione del Nord Africa sin dalla Guerra del Golfo del 1991. Nel XXI secolo sono esplose una serie di guerre in Iraq, Libano, Gaza, Libia, Siria e Yemen. C’è un chiaro pericolo di un’unica guerra nell’intera regione. Ogni campo è guidato dagli interessi dell’imperialismo e dei poteri regionali, attraversati dalla divisione settaria. L’imperialismo USA, ora sotto Trump, lavora mano nella mano con Israele e con l’Arabia Saudita, sostenuto dall’Egitto, per isolare l’Iran e il suo blocco di alleanze (che si diffonde attraverso regimi o forze di opposizione in Iraq, Siria, Libano, Yemen, Bahrain e persino nelle province occidentali dell’Arabia Saudita), in cui la Turchia gioca in entrambi i campi.


Nella guerra in corso in Siria, denunciamo i compromessi reciproci tra la NATO, la Russia, la Turchia e Israele e chiediamo la cessazione di ogni  intervento militare straniero; l’organizzazione dell’assistenza umanitaria internazionale, sotto il controllo delle organizzazioni dei lavoratori; il libero accesso di rifugiati e immigrati in tutti i paesi e l’assistenza per  un’esistenza dignitosa ; il disarmo dei gruppi armati, delle organizzazioni settarie  e l’espulsione della cricca dinastica di Al Assad, nella prospettiva della Federazione socialista del Medio Oriente. Solo in questa prospettiva si possono realizzare le aspirazioni nazionali della nazione curda.


Il recente massacro di palestinesi da parte dello Stato di Israele, fa parte dell’offensiva militarista in cui il sionismo e l’imperialismo sono incorporati in Medio Oriente. Nell’ambito della prospettiva della Federazione socialista del Medio Oriente proponiamo la distruzione dello stato sionista e l’istituzione di una Repubblica laica e democratica in Palestina, dove convivano ebrei e arabi.


 


America Latina


L’America Latina si distingue, nella fase attuale, per il crollo delle esperienze “nazionaliste”. Tutte queste sono venute alla luce come conseguenza della crisi globale, negli sconvolgimenti precedenti allo scoppio del 2008. Furono lo strumento di un’operazione di salvataggio del capitale e sono stati affondati, nel recente periodo, dalla medesima crisi globale. Il collasso “nazionale e popolare” ha creato una situazione particolare: l’emergere di governi di destra, alcuni attraverso elezioni, altri attraverso colpi di stato “parlamentari”. Nel quadro di queste esperienze si sono sviluppate lotte di massa, sebbene Macri e Temer siano riusciti a far passare riforme strategiche antioperaie con la collaborazione del peronismo e del PT. La recente crisi e caduta del governo di Kuczynski dimostra che la destra non soddisfa le condizioni politiche per stabilizzare la regione.


L’America Latina non è ai margini delle guerre imperialiste, né potrebbe esserlo, essendo il cortile di casa dell’imperialismo yankee. Il Pentagono ha messo su un gigantesco sistema militare nella regione, dalla Quarta Flotta, alle basi in Amazzonia e al tentativo di impiantarle nella Tripla Frontiera.


Mettiamo in guardia contro la minaccia del blocco economico, del colpo di stato e dell’intervento militare in Venezuela, e chiediamo di affrontarlo attraverso l’agitazione e la mobilitazione. In questa lotta, mettiamo in guardia, soprattutto, che quello di Maduro non è un governo di lavoratori ma di oligarchi politici ed economici, la “boliburguesía”, e che è impegnato in un compromesso col capitale finanziario, come lo dimostra, tra tanti cose, l’ipoteca delle riserve petrolifere e la vendita all’asta al capitale internazionale.

Ancora una volta e per sempre: per gli Stati uniti socialisti dell’America Latina.


Ribellioni popolari


Le recenti ribellioni popolari che hanno avuto luogo in Tunisia, Sudan, Iran e Marocco, sono echi della precedente spettacolare ondata rivoluzionaria del 2011-2013, dalle rivoluzioni arabe, alla Spagna e alla Grecia, dalla Turchia e dai Balcani, a Wall Street e al Brasile. Questi recenti eventi hanno mostrato il carattere provvisorio delle sconfitte delle rivoluzioni arabe – la cui massima espressione è stata la rivoluzione in Egitto – così come la vitalità dei regimi politici che sono stati costruiti su queste sconfitte.


In Francia, nonostante l’approvazione della riforma del lavoro senza combattere, frutto della collaborazione della burocrazia sindacale, l’annuncio della privatizzazione della ferrovia ha dato origine a una diffusa indignazione e a un movimento di lotta operaia che fa parte della prospettiva di lo sciopero generale.  In Germania, la lotta dei sindacati metallurgici e statali per gli aumenti salariali apre la strada al risorgere delle grandi lotte operaie. In Turchia, la lotta dei metalmeccanici iniziata nel 2015 con attacchi selvaggi, con l’occupazione delle fabbriche nel 2018, ha provocato uno sciopero di 135 mila lavoratori che ha vinto: un successo che deve essere evidenziato. In Cina c’è una vigorosa ripresa della classe operaia, così come in gran parte dell’Asia. La tendenza ascendente su scala mondiale continua ad essere la ripresa delle grandi lotte operaie indotte dall’insieme delle crisi economiche e politiche.


La tendenza alla ribellione popolare si manifesta nello sviluppo che il movimento delle donne ha acquisito e nella radicalizzazione delle sue mobilitazioni, cioè azione diretta e sciopero. La proiezione politica di questo movimento si è espressa quando fu rivendicata la Repubblica in Spagna, il rovesciamento della teocrazia in Iran, il ripudio di Trump e la lotta contro Temer e Macri in America Latina. Anticipazione di grandi eruzioni di massa.


Nel contesto dell’emergere di ribellioni popolari, la crisi della direzione degli sfruttati è stata rovente. La linea dominante della sinistra, del centrosinistra e dei nazionalisti, è di accentuare i loro impegni e la sottomissione all’attuale ordine sociale. Il bilancio di questa esperienza dimostra il successo della strategia dell’indipendenza di classe e della costruzione di partiti operai rivoluzionari in lotta per i governi dei lavoratori.


Ricostruire un’internazionale operaia e socialista


Noi organizzazioni riunite alla Conferenza internazionale, chiamiamo il proletariato delle metropoli imperialiste a combattere le guerre scatenate dalle loro borghesie e dai loro stati, da un lato, attraverso la mobilitazione internazionale, dall’altra, attraverso un’accentuazione della lotta di classe nei loro paesi, secondo la tradizione per cui il “nemico si trova nel mio paese”.


Prendiamo posizione per un fronte unito di combattimento contro le guerre imperialiste con le masse e le organizzazioni che oppongono resistenza, indipendentemente dal loro colore politico, in quanto conducono una lotta autentica contro l’imperialismo. Denunciamo anche la complicità delle burocrazie restaurazioniste e delle borghesie nazionali con quello stesso imperialismo, e il proposito di usarlo per attuare le loro politiche di privatizzazioni di massa e la repressione della classe operaia nei propri paesi.


Tutto lo sviluppo della bancarotta e delle guerre capitalistiche richiede una lotta di portata storica, solo il rovesciamento del capitalismo e l’imposizione di un governo operaio possono procedere a una completa riorganizzazione della società su nuove basi sociali.


Abbasso le guerre imperialiste!


La crisi la paghino i capitalisti!


Per un governo dei lavoratori!


Per la costruzione di partiti socialisti e rivoluzionari !


Costruiamo l’internazionale!


Lunga vita alla rivoluzione socialista !